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Quando la terra completa parte del suo giro di rotazione intorno al sole, dove prima c’era la notte, il sorgere della luce segna un nuovo avvio.
Come tanti piccoli ingranaggi di un moto senza senso e direzione, tanti corpi riprendono a muoversi.
Questa è la storia di cinque qualcuno, che in un giorno qualsiasi, di un luogo qualunque, in quella parte ora illuminata, danno senso e direzione a quel moto, fintanto un’altra notte non sopravanzerà alla luce.
Primo qualcuno
Luigi guarda una giostra con dei bambini da poco usciti da scuola. Da dentro una macchinina una bimba bionda urla “Papà”, e allunga una manina per farsi vedere. Luigi sorride a quel richiamo e alle sue spalle sente una voce squillante che dice “Ciao Martina”.
Da una salumeria una donna esce di corsa in strada. Mentre attraversa la strada un vigile che regola il traffico davanti alla scuola le intima di fermarsi. La donna continua la corsa schivando un taxi che sbanda leggermente urtando con lo specchietto retrovisore il vigile distratto dalle urla del tassista che litiga con qualcuno al cellulare.
Luigi vede che l’uomo alle sue spalle si sbraccia verso la donna che rallenta riprendendo fiato. La voce della bimba urla felice: “Mamma”, e Luigi si allontana con passo dolente verso un bar.
“Buongiorno, un caffè per piacere”. Chiede al barista che lo guarda e senza fare una piega gli risponde: “Basta il giorno, perché sia buono aspettiamo stasera”. Luigi lo squadra aggrottando la fronte e riflette che forse ha ragione. Solo stasera, quando avrà sentito la figlia al telefono, potrà dire davvero che è stata una buona giornata.
Secondo qualcuno
Anna esce di corsa da una salumeria trascinando per mano la nipotina che non vuole saperne di andare a scuola senza aver fatto prima un giro nelle giostre. Improvvisamente lo stridio di una frenata accompagnata dal rumore di un urto la distrae facendole allentare la stretta di mano della bimba. Davanti a lei vede un vigile che solleva una mano dolorante dopo essere stato urtato dall’auto di un tassista che scende imprecando al cellulare. Ripresasi dallo spavento vede la nipotina correre verso le giostre ai giardinetti, sente l’autista del taxi che continua a urlare contro il vigile che indietreggiando gli aveva tagliato la strada. Anna chiama la bambina e a passo svelto cerca di raggiungerla.
La bimba si volta senza fermarsi e urta un uomo appena uscito da un bar, cadendo a terra. L’uomo prontamente la solleva mentre Anna li raggiunge di corsa. L’uomo si scusa con Anna: “sono uscito senza guardare dopo aver sentito la frenata”. Anna stringe la mano della bambina e lo conforta dicendo che è stata colpa di quella discola della nipote.
La bimba non si da per vinta è strattona la zia per andare verso le giostre. L’uomo le sorride e si offre di pagarle un giro per farsi perdonare. Anna scuote la testa ma l’affascinante sorriso dell’uomo la convince ad accettare.
La bambina soddisfatta lo saluta dalla macchinina delle giostre, e lui inizia a fare conoscenza di quella zia così carina. Quando si scambiano i numeri di telefono, lui ripensa al barista, che poco prima, aveva risposto con pessimismo al suo buongiorno.
Terzo qualcuno
Bruno è infuriato. La cooperativa di radiotaxi ha deciso di ridurre il prezzo delle corse per fronteggiare un mercato sempre più appetito da grosse società finanziarie. Avrebbe dovuto lavorare più ore e forse anche più giorni al mese per racimolare un magro stipendio. È in turno dalle sei di mattina e dovrà smontare alle sedici anziché alle quattordici. Per questa ragione ha litigato con tutto il mondo e continua a lanciare invettive al cellulare.
Gli hanno assegnato una chiamata per l’aeroporto in una strada molto trafficata; meno di trecento metri da fare a passo di lumaca e con il sangue agli occhi.
Improvvisamente sente il suono di una sirena e il traffico invece di scorrere si ferma completamente. Esce dall’auto e la strada in salita gli consente di vedere un capannello di persone che ingombravano la strada. Una manifestazione? Pensa. Per com’era iniziata la giornata sarebbe stata la ciliegina sulla torta. La sirena continua a suonare alle sue spalle. Vede una donna spinta a terra da due uomini che con la divisa del 118, che corrono a piedi verso l’assembramento.
Bruno corre a soccorrerla e mentre l’aiuta a rialzarsi vide comparire una bambina con uno zainetto sulle spalle che si avvinghiò a una gamba della donna. Bruno non capisce cosa sta accadendo ma decide di portare la donna e la bimba in un bar per toglierle dalla confusione.
Quando entra il barista risponde al suo buongiorno con un pessimistico: “Basta il giorno, il buono oggi è in sciopero”. La donna lo guarda in tralìce continuando a spazzolarsi il soprabito.
Neppure Bruno è dell’umore giusto per rispondergli e ordina due caffè e una bibita per la bambina. Gli chiede, però, cosa fosse accaduto è l’uomo risponde che delle mamme stavano protestando contro la refezione scolastica e nella confusione un’auto aveva investito un vigile che cercava di impedire che il traffico venisse bloccato.
Bruno si avvicina alla cassa per pagare è sente la voce di un uomo che si lamenta al cellulare per il taxi che non arriva. Gli si avvicina e chiede se deve andare all’aeroporto. Quello gli risponde di sì e Bruno sorridendo si rivolge al barista dicendo: “Guarda che lo sciopero è finito”, poi rivolto all’uomo: “Buongiorno mister, Diego 87 pronto per la sua corsa”.
Quando escono dal bar la bambina riprende a tormentare la madre perché vuole andare sulle giostre. La donna acconsente e con un veloce saluto si avvia verso i giardinetti che erano proprio di fianco al taxi fermo. L’uomo prima di salire in auto, guarda la bambina che, mentre la giostra gira, lancia saluti da una macchinetta. Si volta verso Bruno e gli dice: “Quando arrivo a casa, la prima cosa che farò è prendere mia figlia e portarla alle giostre. Penso sarà contenta, non lo faccio mai”.
Quarto qualcuno
Sono le sette quando Federico entra nel solito bar per bere il suo secondo caffè prima di coordinare i “nonni vigilini” del più grande plesso scolastico della popolosa municipalità. Se non fosse perché è l’unico bar della zona che vende le merendine Loacker che piacciono tanto alla sua unica nipotina, tragicamente orfana di padre, lo avrebbe cambiato da tempo. Ogni volta che vi entrava, al suo: “Buongiorno”, si doveva sorbire la stessa stupida frase del barista: “Se è stato buono lo si vedrà stasera, per ora basta il giorno”. Anche quando decise di cambiare saluto, la risposta era immancabilmente pessimista. Stanco della solita tiritera, gli chiese perché fosse così arrabbiato e la risposta fu: “Potrà essere un buongiorno per voi che venite a distrarvi, non per me che ci devo lavorare”. Decise di non commentare è comprese quanto stupido fosse il suo interlocutore.
Federico avrebbe dovuto già essere in pensione. Il suo lavoro però gli è sempre piaciuto e lo ha sempre svolto con passione e criterio: mai troppo poliziotto, o assertivo complice. Con il passare degli anni aumentava la fatica di stare al passo con il miscuglio di razze che stava cambiando l’identità del quartiere. Troppe culture diverse tra loro, usanze che si sovrappongono, principi che si smaterializzano. Corre troppo denaro facile è con esso l’idea che sia semplice farlo proprio. Per queste ragioni ha accettato un ruolo con minori responsabilità.
Federico paga, intasca i Loacker, esce dal bar e si avvia verso la scuola. Attraversa i giardinetti e saluta il giostraio che sta per avviare quel magico carosello di luci e suoni, che ammalierà i bambini che da lì a poco avrebbero cominciato a frignare per salirvi.
Raggiunge il gabbiotto all’ingresso della scuola e s’intrattiene con alcuni vigilini. Il suo occhio allenato, vede un’anziana donna uscire trafelata da una salumeria e traversare la strada senza guardare, proprio nel momento in cui un taxi stava sorpassando imprudentemente un’auto. Si sbraccia verso la donna urlandole di fermarsi e non si accorge che il tassista, per non investirla, ha piantato di colpo l’auto proprio davanti alla sua corsa, facendolo rovinare a terra dopo aver impattato con il cofano. Con lo sguardo rivolto al cielo, il tassista compare nel suo orizzonte visivo con un cellulare ancora appoggiato all’orecchio e un’espressione di collera.
Aiutato dai vigilini si rialza dolorante, ma intero. Federico vorrebbe andare a casa, ma il pensiero d’incontrare la nipotina lo trattiene. Lo convincono ad andare al bar e a malincuore accetta. Attraversano i giardinetti e dalle giostre sente “Nonno”. Si volta e vede la nipotina, ma vede anche un uomo sconosciuto non distante da lei, poi si sente prendere per il braccio e vede il viso raggiante della figlia. Ha capito tutto. Dopo andrà volentieri al bar, perché oggi per lui è davvero una buona giornata.
Quinto qualcuno
Eccomi qua, docciato, sbarbato, vestito. Sono sveglio dalle cinque e devo ancora fare venti minuti di auto per essere al lavoro alle sei in punto. Se mi vedesse mio padre dubiterebbe fossi proprio il suo Vincenzino. A volte penso che morire quando i figli sono ancora piccoli non sia sempre una iattura, se non per il fatto che quello troppo giovane sei tu.
Volevo fare lo chef, invece inforno cornetti e brioche precotti nel retro di un bar nel centro storico. A pranzo faccio anche la pasta, le pizze, le insalate…, sempre preparate altrove. Aiutare in cucina mi è piaciuto fin da bambino, con il disappunto di mio padre che cominciò a sospettare fossi: “declinante gay”. Quando avevo tredici anni si ricredette, peccato che morì l’anno seguente.
Lavoro per pagarmi un titolo da chef riconosciuto, visto che dall’unica scuola pubblica regionale mi hanno cacciato in malo modo, dopo che mi hanno beccato con la segretaria dell’istituto a fare sesso sul divano del direttore. Ancora due anni di questa squallida vita e ricevuto il diploma potrò finalmente farmi valere. Fino ad allora, zitto, muto e penitente.
Quando mi capita di sostituire qualcuno al bancone mi diverto a prendere in giro i clienti recitando la parte del pessimista cronico. Se mi dicono “Buongiorno”, gli rispondo di aspettare la sera per decidere. Se disgraziatamente, per loro, sorridono o commentano mi lancio in uno show da rappresentazione di una sempre più probabile terza guerra mondiale. Alcuni stanno al gioco altri invece si incazzano di brutto e mi mandano a cagare.
Poco fa il vigile che fa servizio davanti alla scuola è stato investito da un taxi con alla guida un autista che sbraitava al cellulare. Quando è entrato, sorretto da alcuni passanti, mi ha guardato fisso negli occhi: Lui è uno di quelli che si incazzano. Per fortuna dovevo portare dei caffè a un ufficio, è mi sono squagliato.
Poi però, nel giro di due minuti sono diventato una star, non dei fornelli, ma la soddisfazione a volte…, avvince.
Avevo da poco consegnato i caffè e mi ero fermato in piazza a fumare, quando ho visto un uomo che guardava alcuni bambini sulla giostra. Fin qui nulla di strano. A un certo punto ho notato che faceva dei cenni a una bambina ferma davanti a una salumeria. Lei gli si è avvicinata e hanno fatto alcuni passi verso la giostra. Li per lì ho creduto fosse il padre e mi sono distratto. Improvvisamente una donna è uscita di corsa dalla salumeria guardandosi intorno atterrita. Istintivamente ho girato lo sguardo verso il punto dove si erano diretti l’uomo e la bambina e ho visto che lui cercava di farla entrare in un’auto. Ho fatto un balzo dalla panchina e con pochi passi li ho raggiunti, brandendo il pesante vassoio. Ho visto la bambina piangere e gridare e, senza pensarci due volte, ho colpito ripetutamente l’uomo alla testa che si è accasciato dolorante e sanguinante. Pensavo di averlo tramortito, invece, il disgraziato mi dato un calcio tra le palle, è riuscito a rientrare in auto e, sgommando, si è dato alla fuga. Lo hanno acciuffato dopo poche ore e ora devo andare in caserma per riconoscerlo. Mi hanno anche intervistato delle TV locali e dei giornali e una giornalista mi ha detto che sicuramente avrò un encomio dal Sindaco.
Dovrei sentirmi ottimista sul futuro, invece penso, che se quell’uomo fosse stato armato, per me poteva finire male.